Al fine di distinguere un contratto d’opera da un appalto occorre far riferimento non all’entità delle opere eseguite dalla ditta, ma alla struttura ed alle dimensioni di quest’ultima. Il contratto d’opera riguarda la piccola impresa, il cui elemento caratterizzante ed essenziale è il lavoro personale dell’imprenditore, senza il quale la ditta non potrebbe operare, mentre l’appalto coinvolge la media e grande impresa, al cui interno sono occupati diversi prestatori di lavoro oltre all’imprenditore.
Questi principi sono costantemente affermati dalla giurisprudenza (cfr.: Tribunale di Benevento, Sentenza addì 08.06.2009; Tribunale di Genova, VI° Sezione, addì 04.09.2008; Cassazione Civile, II° Sezione, n. 5451 del 04.06.1999). Di seguito si riporta il contenuto letterale delle motivazioni della Sentenza 5451/1999 della Corte di Cassazione:
“Motivi della decisione
Deduce la società ricorrente a motivi di impugnazione:
1) la violazione o falsa applicazione degli artt. 1655, 2222, 2082, 2083 c. civ. in relazione all’art. 360 NN. 3 e 5 c.p.c.
per avere la corte di merito erroneamente negato, che il criterio decisivo per qualificare, nella specie, il contratto de quo, come appalto o come contratto d’opera, fosse costituito dall’essere la società ricorrente, all’epoca dei fatti, una piccola imprenditrice, a carattere artigianale, che svolgeva la propria attività con il contributo prevalente del lavoro personale dei soci; nonostante, secondo la dottrina e la giurisprudenza, si abbia contratto d’opera quando essa è compiuta da una piccola impresa con attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti la propria famiglia e contratto di appalto quando il lavoro faccia capo ad una grande o media impresa;
2) la violazione o falsa applicazione degli artt. 1655, 2222, 2082, 2083 c. civ. nonché omessa e/o illogica e contraddittoria motivazione su un punto decisivo per avere la corte di merito erroneamente affermato che la qualificazione del rapporto non poteva essere collegata alle spese per l’acquisto del materiale alla retribuzione della mano d’opera e/o all’impiego più o meno massiccio di mano d’opera propria, costituenti tutti mezzi per la produzione dell’opera ma doveva essere collegata all’organizzazione imprenditoriale di tali mezzi, che rilevatasi nettamente prevalente ed estrinsecatasi nel potere di scelta dei materiali, dei tempi e delle modalità di esecuzione anche con delega a terzi di un intero settore dell’opera (i pavimenti) nonché nel potere di coordinamento degli interventi propri e altrui, qualificava il rapporto come appalto; affermazione della corte che non consideravano: A) come anche nel contratto d’opera si ha da parte dell’artefice, quale piccolo imprenditore una gestione a proprio rischio ed una organizzazione dei mezzi necessari per lo svolgimento dell’attività, anche se trattasi di organizzazione più semplice di quella della grande e media impresa; B) che, nella specie la modestia del materiale scelto, i tempi ristretti dell’esecuzione (1 mese), la delega a terzi per la pavimentazione per un importo irrisorio, avrebbero dovuto portare a qualificare il rapporto come contratto d’opera; C) che la stessa delega a terzi escludeva nella ricorrente la consistenza di impresa media o grande;
3) la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 61, 191 c.p.c. in relazione all’art. 360 NN. 3 e 5 c.p.c.,
per avere la corte di merito senza motivare dissentito dalle conclusioni del C.T.U. che aveva ritenuto le opere idrauliche prevalenti, rispetto a quelle eseguite dalla ditta ______, ed eseguibili con impiego delle prestazioni personali del titolare ______, senza ausilio di particolari maestranze e non necessariamente comportanti la richiesta di impresa tecnicamente e logisticamente organizzata; opera di modesta entità economica (L. 7.870.000) tipiche di una impresa a carattere artigianale.
I primi due motivi di ricorso per la loro stretta connessione possono essere trattati congiuntamente.
Essi sono infondati.
La corte di merito, infatti, nell’affermare che, nella specie il contratto posto in essere dalle parti configura un appalto e non un contratto d’opera, non ha disatteso, contrariamente all’assunto della società ricorrente, il criterio che la dottrina e la giurisprudenza prevalente seguono per individuare i due tipi di contratto, cioé il criterio che collega la diversa natura di essi alla struttura e dimensione dell’impresa alla quale sono commissionate le opere, attribuendo il contratto d’opera alla piccola impresa, in quanto svolgente la propria attività con la prevalenza del lavoro personale dell’imprenditore (e dei propri familiari) e riservando il contratto d’appalto alla media e grande impresa.
La corte di merito, invero, ha soltanto escluso, in linea di fatto, con accertamento insindacabile in questa sede, perché sufficientemente motivato (e comunque non oggetto di specifico motivo di ricorso) che la società ______ sia una piccola impresa ai sensi dell’art. 2083 c. civ..
Evidenziando gli elementi attraverso i quali l’organizzazione imprenditoriale si è manifestata, quali soprattutto il potere di scelta dei materiali, i tempi e le modalità di esecuzione, la delega a terzi di un intero settore di opere (la pavimentazione); specificando, altresì, che la qualificazione del rapporto intercorso fra le parti in causa deve essere collegata all’organizzazione imprenditoriale e che, nel contesto di fatto esposto tale organizzazione si è rivelata nettamente prevalente la corte di merito ha sostanzialmente affermato che, nel caso di specie, l’opera, oggetto del contratto stipulato, non era il prodotto dell’attività personale dei soci della ______, ma era il frutto dell’impresa guidata dagli stessi, esplicanti in prevalenza attività di coordinamento e di direzione nell’ambito della quale la loro specifica attività manuale di artigiano assumeva un valore solo secondario.
Ciò non significa, come assume il ricorrente, disconoscere che anche nella piccola impresa esista una organizzazione; ma identificare in tale organizzazione solo un mezzo per l’esplicazione dell’attività dell’imprenditore artigiano; un mezzo, tuttavia che non consente all’impresa di procedere nel proseguimento delle sue iniziative facendo a meno dell’attività esecutiva dell’imprenditore.
L’imprenditore artigiano, infatti, come è riconosciuto dalla dottrina, si differenzia dagli altri imprenditori perché è personalmente apportatore di lavoro esecutivo proprio, e svolge una funzione di guida, di assistenza continua nei confronti di coloro che lavorano con lui, con la conseguenza che i poteri di direzione ed organizzativi sono da lui esercitati in funzione del lavoro manuale dallo stesso svolto, lavoro che, sia come apporto materiale, che come insegnamento e guida per i collaboratori è il perno sul quale si regge l’impresa artigianale.
Nulla di tutto ciò la corte di merito ha ravvisato nella ______, impresa con numerosi dipendenti accertando la prevalenza dell’organizzazione imprenditoriale sull’attività personale dei soci, per cui del tutto conseguente deve ritenersi l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui l’artigiano può operare come appaltatore, quando è imprenditore commerciale.
Né ad invalidare le affermazioni della corte di merito possono rilevare le argomentazioni della ricorrente, di cui ai profili sub B e C del 2° motivo di ricorso, dal momento che la modestia del materiale scelto, i tempi ristretti della esecuzione, l’importo modesto dei lavori, non costituiscono elementi incompatibili con il prevalere dell’organizzazione imprenditoriale sul lavoro personale dei soci; e la delega a terzi di carte dei lavori non fa che confermare la su menzionata prevalenza.
Quanto, infine, al terzo motivo di ricorso, la decisione della corte territoriale non merita censure, in quanto il rilievo del C.T.U., secondo cui le opere di idraulica erano prevalenti rispetto alle altre e ben avrebbero potuto essere oggetto di esecuzione da parte dei titolari dell’impresa, non contrasta con l’accertamento della corte che, in linea di fatto, ha comunque escluso, nella fattispecie, la prevalenza dell’apporto della mano d’opera personale dei soci rispetto all’organizzazione imprenditoriale.
Il ricorso va, pertanto, respinto e la ricorrente va condannata, stante la soccombenza al pagamento delle spese del presente giudizio a favore del resistente nella misura che liquida in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del resistente, delle spese del presente giudizio liquidate in L. 125.450 oltre L. 1.200.000 di onorari.
Così deciso in Roma il 3 luglio 1998.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA, IL 4 GIU. 1999”.