Gli imprenditori che desiderano effettuare una ristrutturazione dei debiti devono accordarsi con i propri creditori (che devono possedere almeno il 60% dei crediti) definendo la modalità di ristrutturazione attraverso una specifica relazione che deve essere messa in atto da un commercialista o da un professionista appartenete al’albo dei revisori contabili. Questa relazione è un piano di attuazione e di fattibilità che garantisce ai creditori la piena restituzione del debito tramite una mediazione con l’imprenditore insolvente.
Vengono chiamati creditori estranei le persone che non fanno parte di uno specifico accordo di ristrutturazione dei debiti ma che devono essere pagati regolarmente dall’imprenditore che ha scelto la strada della mediazione. In più, i creditori estranei possono entrare a far parte di un accordo di ristrutturazione del debito anche dopo che la pratica è già stata avviata.
Se, al momento del deposito presso il registro delle imprese, l’accordo non dovesse includere per lo meno il 60% dei crediti dovuti, come specificamente richiesto dalla legge fallimentare, art. 182 bis, l’accordo non può essere ritenuto valido, neanche in caso di successive adesione di creditori che permettano il raggiungimento della quota del sessanta per cento. In questo caso bisogna ricominciare da capo, redarre una nuova relazione e avviare un nuovo accordo.
L’accordo di ristrutturazione del debito viene considerato un contratto unilaterale tra persone fisiche o soggetti giuridici di natura privatistica. Per saperne di più sulla ristrutturazione del debito potete consultare l’art. 182-bis sugli accordi di ristrutturazione debiti e all’ art 182-ter dedicato alle transizioni fiscali.