Lo stabile inserimento, per un considerevole lasso di tempo, nell’ambito dell’organizzazione aziendale e la disponibilità del giornalista nei confronti delle esigenze del datore di lavoro, tra una prestazione e l’altra, sono indici rilevatori dell’esistenza del carattere di subordinazione nell’attività giornalistica.
Risulta essere quanto ha stabilito la Corte di Cassazione (20 marzo 2012, n. 4419, in Guida lav., 2012, n. 16, 15), adeguandosi ad un costante principio giurisprudenziale sul tema, da ultimo enunciato dalla stessa Corte ( Cass. 2 aprile 2009, n. 8068, in Guida dir., 2009, n. 20, 88).
I giudici di legittimità hanno altresì chiarito che la natura subordinata non può essere esclusa “per il fatto che il lavoratore goda di una certa libertà di movimento ovvero non sia tenuto ad un orario predeterminato o alla continua permanenza sul luogo di lavoro, né per il fatto che la retribuzione sia commisurata alle singole prestazioni”.
La disciplina del prestatore di lavoro subordinato è contenuta nell’art. 2094 cod. civ., in base al quale è lavoratore subordinato chi “si obbliga, mediante retribuzione, a collaborare nell’ impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale e manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’ imprenditore”.
Da tale disposizione emerge che la caratteristica primaria della subordinazione consiste nella eterodirezione dell’attività, nel senso che la prestazione lavorativa deve essere svolta secondo le modalità organizzative ed in base alle direttive impartite dal datore di lavoro.
Tuttavia, la Suprema Corte ha ripetutamente osservato come, tenuto conto delle specifiche mansioni svolte, che lasciano un margine di autonomia, il rapporto di lavoro subordinato, in ambito giornalistico, ha un contenuto attenuato rispetto agli ordinari criteri dettati, per l’individuazione dello stesso, dall’ art. 2094 cod. civ., e deve essere quindi rilevato tenendo conto del carattere intellettuale e creativo della prestazione e della particolare attività in cui si inserisce (cfr., per tutte, Cass. n. 8068/2009, cit.).
La Corte ha pertanto applicato i principi giurisprudenziali enunciati sul tema, in base ai quali costituiscono parametri di valutazione della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato in ambito giornalistico: lo svolgimento non occasionale dell’attività oggetto del lavoro giornalistico; la disponibilità del lavoratore alle esigenze del datore di lavoro; la continuità e la responsabilità del servizio, i quali sussistono quando il giornalista sia incaricato di trattare argomenti in maniera continuativa e metta a disposizione la propria attività; la stabile copertura di un determinato settore di informazione (Cass. n. 8068/2009, cit.).
Inoltre, costituiscono indici di esclusione della subordinazione “la pattuizione di prestazioni singolarmente convenute e retribuite, ancorché continuative, secondo la struttura del conferimento di una serie di incarichi professionali, ovvero in base ad una successione di incarichi fiduciari”.